martedì 19 luglio 2011

Parliamo di soldi?

In questi giorni di grandi sommovimenti telematici di indignazione contro la casta, mi sono ritrovata anch'io a strepitare contro la televisione e il computer, scagliando a gran voce ingiurie e maledizioni contro il Formigoni in versione Costa Azzurra o contro una Mussolini ancora più imbarazzante del solito, impegnata ad argomentare gli stratosferici stipendi degli onorevoli tirando in ballo l'alto costo della vita. Mi sono quindi unita, anche se solo tra le quattro mura del mio salotto e non con una bella sfilza di punti esclamativi su facebook, al coro virtuale dei 250 mila e più fan dell'ormai imprescindibile ex-precario di Montecitorio, e mi sono sentita, mio malgrado, parte di loro.

Non è per snobismo, è che io penso veramente che quando si va a guardare al nudo soldo, quando questo diventa l'ossessione e l'origine del male, ci sia sotto qualcosa di profondamente sbagliato. I Pink Floyd hanno descritto alla perfezione l'atteggiamento di cui sto parlando:

Money, it's a crime.
Share it fairly but don't take a slice of my pie.
Money, so they say
Is the root of all evil today.
But if you ask for a raise it's no surprise that they're
giving none away.

Il nudo soldo, il denaro spogliato del suo valore sociale, politico – e persino, anche se è un paradosso, economico - anche se sembra avere una radice morale in realtà non ha alcuna moralità. Alcuni ex politici arrivano a prendere 40.000 euro di pensione al mese. La casta è merda. Però concetti come la redistribuzione delle risorse e del reddito sono tabù, offlimits, idee NIMBY che non devono azzardarsi a varcare la porta di casa, anzi è anche meglio se ne se stanno fuori dai confini comunali, o regionali, o se non ci sono per niente. Žižek parlerebbe di invidia.

A me fanno schifo i politici, che c'entrano il reddito e le risorse? E' proprio questa la domanda che mi sono sentita polemicamente porre e alla quale ho risposto, con saldo spirito di anti-capitalista, che è il sistema ad essere sbagliato, che i politici sono così ricchi perché è tutta una classe ad essere ricca, è il sistema che è tutto teso a creare le disuguaglianze.

Eppure, lo scandalo di quel denaro, di quelle pensioni oscenamente ricche – quasi 70 volte quello che prende mia nonna dopo una vita da contadina – è troppo grande per non far tremare i polsi anche a chi, come me, considera il capitalismo e lo stato che lo serve di per sé inaccettabili. Tanto grande anche da offuscare una manovra che persino Pierluigi Bersani ha definito classista, una manovra che vessa gli ammalati e le famiglie con figli a carico.

Come fare per affrontare questo argomento così pressante senza cadere nella torbida retorica di grillini, attivisti da facciabuco e spidertrumini vari? Don Cave mi ha giustamente fatto notare che è sufficiente affrontare il discorso in una prospettiva di classe, affermando, come già avevo fatto io, che non si può slegare la pensione o lo stipendio orrendamente alti dei politici al sistema produttivo in cui viviamo, un sistema in cui lo stato serve solo a tutelare gli interessi dei più forti.

Eppure, c'è ancora qualcosa che non mi quadra. Cos'è?

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